Mandarsi troppi messaggi può essere negativo nelle relazioni contemporanee? Si può davvero ancora avere intesa con qualcuno se l’unico mezzo di comunicazione è elettronico? Vediamo un po’!
Mandarsi troppi messaggi può essere negativo nelle relazioni contemporanee? Si può davvero ancora avere intesa con qualcuno se l’unico mezzo di comunicazione è elettronico? Vediamo un po’!Avete presente il film di Woody Allen “Midnight in Paris”? Il protagonista si ritrova catapultato in un’epoca che non gli appartiene, la Parigi degli anni ’20, nella quale incontra personaggi come Hemingway, Fitzgerald e Picasso. È felice perché quella è la sua epoca preferita, quella nella quale si sarebbe sentito a suo agio, al sicuro dalla banalità della società di oggi. Un sentimento assai diffuso, quello della malinconia nei confronti di mondi che non ci appartengono.
Io mi ritrovo a provarlo sempre più spesso nelle relazioni. Quelle con gli amici, con i colleghi, ma soprattutto con gli uomini che frequento. Penso a epoche che non ho mai vissuto, quelle in cui per conoscersi bisognava parlare. Guardarsi negli occhi, diventare ogni giorno sempre più complici, attraverso i racconti e le parole. Inventare le scuse più impensabili da dire ai genitori pur di passare del tempo con la persona amata. Scrivere lettere. Farsi squilli al telefono per dire “ti penso”, perché le telefonate, un tempo, costavano troppo. Chiamare a casa dell’altro, sperando che al telefono fosse proprio lui a rispondere, al primo tentativo. Così da non dover passare minuti buoni a conversare con la suocera, o imbarazzanti silenzi per cercare di strappare mezzo sorriso al suocero.
L'amore ai tempi di WhatsApp: qualcosa è andato storto
Cosa ne è stato dell’attesa, della voglia di condivisione dal vivo, della costruzione di un amore (citando Fossati) fatte di attimi vissuti nel concreto? Dove sono finite le coppie che si salutano ogni volta con la dolcezza di un bacio, non sapendo bene quando ci si rivedrà e si potrà tornare a vivere queste intense sensazioni? Quello che vedo è che invece ci ritroviamo lì. Dietro uno schermo. In quel mondo virtuale così veloce ed effimero da non darci neanche il tempo di trasformarsi in ricordo. Di fissarsi in testa. Di farci dire “Ehi, mi manchi, ho voglia di vederti e parlare con te. Perché parlare è la cosa che mi piace più fare al mondo”.
Invece tutto si riduce a quello scambio di messaggi. Che non è freddo, perché può accendersi e diventare focoso in pochi secondi. Ma rimane lì, bloccato in quella gabbia virtuale che non ci lascia niente se non la possibilità di salvare o eliminare tutto con un clic. “Ho finito lo spazio in memoria”. Cancella, per sempre.
Spegnere il telefono, riaccendere il cuore
Come gestire una relazione che viaggia sui mezzi della modernità? Le formule magiche non esistono. I cliché sì. E ci siamo finiti dentro anche noi, trasportati dalla facilità di conoscere qualcuno attraverso uno scambio di battute virtuale. Mettersi in gioco dal vivo è rischioso. Perché noi siamo la generazione del visualizza ma non risponde. Quella del sexting. Dei messaggini a tutte le ore, per qualsiasi cosa. Anche per dirsi addio. Perché così, fa meno male.
E così la provo anche adesso, quella malinconia verso un tipo di relazione che non abbiamo mai vissuto o che, se siamo stati fortunati, abbiamo vissuto solo a metà. O che forse non vivremo mai. Perché se dopo uno scambio intenso e piccante di SMS, un uomo dal vivo non è in grado di scambiare quattro chiacchiere con te (e figuriamoci farti ridere), ma l’unica cosa che riesce a palesare sono silenzi e imbarazzo, be’ forse qualcosa è davvero andato storto. A questo punto bisognerebbe provare a farlo una volta tanto. Disinstallare. Disconnettersi. E iniziare a connettersi agli altri. Ma per davvero.