Amare qualcuno vuol dire desiderare di appartenergli, non volerlo in proprio possesso. Ecco in che cosa si differenziano l’idea di appartenenza e quella di possesso.
Amare qualcuno vuol dire desiderare di appartenergli, non volerlo in proprio possesso. Ecco in che cosa si differenziano l’idea di appartenenza e quella di possesso.Amare qualcuno, appartenergli, possederlo. Sembrano tutte e tre azioni collegate, eppure solo le prime due lo sono veramente. L’idea di possesso subentra, a volte, nelle nostre relazioni: quando amiamo, vogliamo l’altro tutto per noi e reclamiamo le sue esclusive attenzioni.
Senza rendercene conto, entriamo in una sfera egoica, egoistica e di cinico controllo.
Non ci importa più cosa il partner desideri realmente, non ci chiediamo più se ogni tanto preferisca stare con gli amici (piuttosto che con noi). Ciò che conta è solo l’appagamento del nostro bisogno: ricevere le sue attenzioni per arginare un senso di insicurezza di fondo. Voler possedere non coincide, però, con il voler amare.
Amare qualcuno significa consentirgli di fare altrettanto: vale a dire, di amarci a propria volta e di sentirsi libero, in ogni momento, in questa sua scelta.
Strettamente connesso all’atto di amare è, invece, il desiderio di appartenere a qualcuno. Quando amiamo, apparteniamo in automatico all’altro. Una parte di noi diventa sua, come una sua parte diventa nostra. “Voglio essere tua” è la più sincera dichiarazione di appartenenza che possiamo fare a chi amiamo.
Possiamo, infatti, esprimere il nostro desiderio di appartenere all’altro ma non possiamo “imporre” all’altro di appartenere a noi.
L’appartenenza non si chiede: semplicemente c’è, e si dichiara. Amare vuol dire attenersi a ciò che c’è, guardare negli occhi il partner e sentirsi un po’ parte di lui. Nella consapevolezza che anche lui, liberamente, ha scelto di diventare una parte della nostra vita.
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