La vignettista francese Emma scrive e disegna da tempo storie che raccontano una rivoluzione sempre più necessaria e ancora troppo silenziosa. La traduttrice Giovanna Laterza spiega la strada da seguire per abbattere gli stereotipi e riprenderci il nostro spazio (mentale e fisico).
La vignettista francese Emma scrive e disegna da tempo storie che raccontano una rivoluzione sempre più necessaria e ancora troppo silenziosa. La traduttrice Giovanna Laterza spiega la strada da seguire per abbattere gli stereotipi e riprenderci il nostro spazio (mentale e fisico).Leggere Bastava Chiedere! 10 storie di femminismo quotidiano (Laterza), della blogger e vignettista francese Emma, è un esercizio necessario per donne, uomini e coppie. Alle prime, questo libro spiega perché a volte siamo così stanche da non riuscire nemmeno a pensare: è colpa del carico mentale. Ai secondi, le vignette svelano come gesti naturali quali tornare dal lavoro tardi e “rifugiarsi” in doccia siano una sottile ma terribile violenza verso le compagne.
Donne e carico mentale: intervista a Giovanna Laterza, traduttrice di Bastava Chiedere!
Alle coppie, Bastava Chiedere! cerca di mostrare la strada per fermare un modello egoistico patriarcale, che scarica sulle spalle delle donne tutto, ma proprio tutto, il lavoro familiare. Sì, lavoro. Perché la donna non è la regina della casa, come ci hanno sempre raccontato. È una manager, ma anche un'addetta al customer care, un architetto delle relazioni sociali, una restauratrice dei legami emotivi. Tutto lavoro gratuito e quasi mai riconosciuto. Ce l'hanno sempre venduto come “amore”, ma sembra più una fregatura legalizzata. «La sola strada per ridurre il carico mentale sul lungo termine è quella d’instaurare un dialogo onesto con i nostri partner», spiega Giovanna Laterza. Ma, forse, anche diventare tutti più consapevoli.
Donne, manager, educatrici: come ci affibiano il carico mentale
Giovanna, lei ha tradotto l'attesissimo volume Bastava Chiedere! 10 storie di femminismo quotidiano. Da donna e da traduttrice, cosa le ha lasciato questa esperienza, che sensazioni ha provato verso le parole che traduceva?
Prima di tutto un profondo sentimento di gratitudine. Emma mette nero su bianco i problemi quotidiani di noi donne. Attribuisce ai nostri malesseri delle parole precise e riconoscibili. In quanto mamma lavoratrice mi sono immediatamente riconosciuta nelle sue storie e mi sono sentita meno sola. E poi ho sentito un sentimento di solidarietà: il progetto di questo libro nasce dalla collaborazione diretta con mia sorella Bianca Laterza e si è sviluppato grazie a un team editoriale prevalentemente femminile.
Mia Martini cantava "perché gli uomini che nascono/Sono figli delle donne/Ma non sono come noi". Nell'introduzione Michela Murgia scrive: «Se lui fosse morto prima, lei sarebbe rimasta vedova; ma se a morire per prima fosse stata lei, lui sarebbe rimasto orfano, un eterno bambino che aveva attraversato la vita come un parco giochi che qualcun altro ogni sera aveva rimesso silenziosamente in ordine per lui». Secondo lei, da cosa deriva questa diversità educativa che li porta, ad esempio, a non sapere e a non preoccuparsi nemmeno del dove vengono riposte le loro mutande?
La nostra società vede ancora l’uomo come responsabile del lavoro produttivo e la donna come responsabile del lavoro riproduttivo. La cura del nucleo familiare e dei suoi spazi è purtroppo ancora considerata come prerogativa esclusiva delle donne. Il concetto di “carico mentale” introdotto nella prima storia di Bastava Chiedere è importante proprio perché dà un nome preciso al lavoro invisibile di cui le donne si fanno carico ogni giorno per far funzionare casa e famiglia.
Emma dice: «diventiamo a poco a poco le loro madri e infermiere più che le loro partner». Ma non sembra una scelta, è come se le donne fossero programmate, educate a comportarsi così. Perché, secondo lei?
La storia “Il Potere dell'Amore” illustra questa dinamica nel dettaglio. Emma spiega bene che non esiste unicamente il carico mentale, ma anche il carico emotivo. Le donne sono considerate come responsabili dell’armonia della casa e del benessere familiare. Questo impegno emozionale dovrebbe essere prioritario per tutti i membri della famiglia. Se svolto a senso unico dalle donne, rischia di relegarle al ruolo di “assistenti” del loro partner e della loro stessa famiglia.
Pessimismo e fastidio
Davanti a un malessere, come ad esempio un mal di pancia, nel libro si vede un uomo che risponde: «Sai cosa ti farebbe bene? Fare sesso». Molti uomini risponderebbero che è solo una battuta ma, da donna, mi provoca solo nervosismo. Potrebbe essere che, come donne sempre sotto pressione, abbiamo perso il senso dell'umorismo?
Penso che davanti ad una risposta del genere, dovremmo concentrarci sulla sua effettiva mancanza d’empatia dell’interlocutore e non sulla mancanza potenziale del nostro senso dell’umorismo.
Quali sono secondo lei gli atteggiamenti maschili più fastidiosi raccontati nel libro da Emma?
Più che di atteggiamenti “fastidiosi”, parlerei di atteggiamenti poco rispettosi. Per quanto mi riguarda, non apprezzo per niente gli uomini che non si rendono conto dei loro innegabili privilegi quotidiani. Specialmente se si tratta di persone a noi emotivamente vicine. Penso in particolare alla storia “Bastava Chiedere”, in cui il marito non comprende l’esasperazione della moglie, attiva su tutti i fronti (preparazione della cena / gestione dei bambini / accoglienza degli invitati), mentre lui attende di ricevere istruzioni sul da farsi. Mi sembra importante citare anche la storia “Rilassati” che insiste sulla doppia ingiunzione che ricevono le donne di oggi: prima ci viene chiesto d’esprimerci e poi, quando diciamo la nostra, siamo invitate a calmarci. Una donna che si esprime in maniera chiara e netta è spesso etichettata come “aggressiva”.
Quali sono secondo lei gli effetti più fastidiosi di questi atteggiamenti sulle donne?
Più che altro parlerei di veri e propri problemi con cui fare i conti ogni giorno. Investire tutte le nostre energie negli altri o rispondere ad ingiunzioni contraddittorie mina sul lungo termine il benessere fisico e psicologico delle donne.
La chiave di volta: il dialogo
Il carico mentale e la gestione della famiglia e della vita domestica sono un lavoro invisibile, non dichiarato e non pagato: cosa si può fare per cambiare le cose?
Ogni famiglia dovrebbe discutere di queste disuguaglianze e costruire una strategia economica condivisa per ridurle nei limiti del possibile. Più in generale ci dovrebbe essere un dibattito collettivo sulle politiche nazionali da implementare . Le proposte possibili sono tante ed Emma le ripercorre nella storia “ Il Potere dell’Amore”.
Ancora una volta, dopo averli allevati, in quest'epoca moderna sembra che tocchi alle donne educare gli uomini a rispettarle come compagne e non come "tuttofare di casa". Perché, scrive Michela Murgia, «se la donna si ferma non funziona più niente». Quali sono le strategie da mettere in campo per creare maggiore consapevolezza negli uomini adulti, compagni e mariti?
Non penso esista una ricetta pronta all’impiego. È necessario aprire un tavolo di discussione su questi temi. E discuterne quotidianamente con gli uomini delle nostre vite: padri, figli, mariti. Il senso di “Bastava chiedere” è proprio questo. Le storie chiare e concise di Emma sono un ottimo supporto per intraprendere la discussione su queste tematiche delicate.
Nel libro si fa una distinzione importante di ruoli. La donna è il manager della gestione della casa e l'uomo un esecutore: come si impara a pianificare e come lo si può insegnare ai piccoli per educare uomini migliori?
La capacità di pianificare non ha niente di biologico. E poi penso che l’organizzazione non sia mai fine a stessa ma sia soprattutto sinonimo d’attenzione per gli altri. Per esempio, il fatto di trovare la cena pronta la sera permette ad entrambi i genitori di dedicare tempo ai figli dopo una giornata di scuola e lavoro. Personalmente, in quanto mamma di un bambino piccolo, cerco di educarlo al superamento dei pregiudizi di genere a partire dai momenti di gioco. Provo ad insegnarli giocando che la cura per gli altri – che richiede inevitabilmente organizzazione - è un valore universale e non una prerogativa del genere femminile.
A volte però anche le donne faticano a mollare il comando perché giudicano i partner poco adatti allo svolgimento di determinate mansioni. Cosa possiamo fare noi donne per ridurre il nostro carico mentale?
La sola strada per ridurre il carico mentale sul lungo termine è quella d’instaurare un dialogo onesto con i nostri partner. Questo comporta sicuramente un grande sforzo e, sul breve termine, un carico mentale ulteriore. La cosa positiva è che dopo questo momento di picco dovremmo essere in grado di trovare un nuovo equilibrio e procedere ad una ridistribuzione più equa dei compiti famigliari. Lo ribadisco, il libro è pensato proprio come supporto fisico e concreto per creare occasioni di dialogo.