La violenza contro le donne non è solo fisica: prima delle botte, ci sono i maltrattamenti psicologici. Ecco come riconoscere la violenza psicologica nella coppia.
La violenza contro le donne non è solo fisica: prima delle botte, ci sono i maltrattamenti psicologici. Ecco come riconoscere la violenza psicologica nella coppia.Prima delle botte, prima del femminicidio, la violenza contro le donne è psicologica. Spesso si tende a sottovalutare questi segnali, credendoli espressione di una normale gelosia, di un interesse da parte del partner. Ma il bisogno di controllo o l'isolamento sono spesso l'anticamera di percosse o, peggio, dell'omicidio. Inoltre anche la violenza psicologica è un reato. Abbiamo chiesto a Francesco Attorre, psicoterapeuta e autore di "Ai confini della coscienza. Domande e risposte con lo psicoterapeuta" (Aldenia edizioni), quali sono i sintomi della violenza psicologica da non sottovalutare.
Ecco i 10 segnali per riconoscere la violenza psicologica nella coppia
Il silenzio. I lunghi silenzi nella coppia non sono solo il sintomo di un'intesa che non ha più bisogno di parole. Il progressivo aumento dei momenti di silenzio nella coppia, intervallati da comunicazioni di circostanza, sono il sintomo della perdita di spontaneità. Il motivo è la percezione di un velato e continuo giudizio.
Il gioco. I sintomi della violenza psicologica si manifestano anche sotto le lenzuola. “Cominciano a diminuire fino a scomparire i "giochi" affettivi ed erotici”, dichiara Attorre “e lo scambio intimo e sensuale si fa man mano sempre più serio”.
La chiusura. “Uno dei dure partner (quasi sempre quello che subisce la violenza psicologica) cerca momenti in cui chiudersi in sé, al riparo da tutto e tutti, quasi alla ricerca di risposte alle mille domande interiori”, nota lo psicoterapeuta. “Può sembrare un atteggiamento depressivo, ma in realtà è un forte bisogno di introversione, per fare i conti con emozioni assai difficili, che si crede incomprensibili da altri”.
Isolamento. La violenza psicologica si manifesta anche nella limitazione della convivialità. Ci si chiude in una dimensione privata, si tagliano fuori gli amici dalla propria vita, si riducono sempre di più le uscite e le occasioni di incontro con gli altri.
Depersonalizzazione. Per sfuggire alla violenza psicologica, il partner che la subisce si trasforma in un automa, spesso gettandosi a capofitto nel lavoro, per dimenticare l'appartenenza al ruolo affettivo. “Si attua una sorta di depersonalizzazione”, spiega Attorre.
Menzogne. “Bugie e mezze verità prendono il sopravvento nel corso della quotidianità, mascherando i reali stati d'animo e la dinamica reale degli eventi”, nota lo psicoterapeuta.
Rabbia. Quando il processo è ormai avviato e consolidato, i due partner - indipendentemente dal ruolo di carnefice o vittima - vedono crescere il tono di rabbia interna. “Si scatta per minime situazioni anche in contesti esterni”, dichiara Attorre. “La rabbia è il risultato della percezione della precarietà della relazione stessa, al di là dell'equilibrio mantenuto dalla violenza psicologica”.
Conferme. Chi subisce la violenza cerca un riscontro nelle persone a lui/lei vicine su se stesso: “Si cerca approvazione sul proprio aspetto, sul proprio pensiero, sul proprio valore”, spiega lo specialista. “Il partner che agisce la violenza, invece, diviene sempre più superficiale e sempre più esigente, non accontentandosi mai di nulla e anzi disprezzando aspetti che prima mostrava di gradire nell'altro”.
Alla ricerca del sollievo. Per sfuggire alla violenza psicologica nella coppia, il partner che subisce i maltrattamenti si crea un mondo immaginario o intimistico di sollievo, magari avvicinandosi in modo eccessivo e morboso alla religione o a correnti filosofico-spiritualistiche.
Ossessività. “Aumenta in entrambi il grado di ossessività in merito ad aspetti quotidiani”, nota Attorre. Ogni ambito della vita di coppia è pervaso dall'ansia: tutto deve svolgersi nel giusto modo, seguendo un ideale di perfezione. Non viene tollerata da parte di entrambi la propria e l'altrui imperfezione. “È questo un segnale subdolo ma evocativo di una alterazione in seno alla struttura della identità personale”, spiega lo specialista.