Alcune bellissime poesie da dedicare a una mamma, figura simbolo della celebrazione della vita.
Alcune bellissime poesie da dedicare a una mamma, figura simbolo della celebrazione della vita.Ogni anno ad inizio maggio veniamo avvolti dal profumo dei fiori sbocciati e dall’atmosfera che contraddistingue la Festa della Mamma. Una ricorrenza che sa di delicatezza, di tenerezza e di dolci ricordi infantili. Come tutte le festività, anche questa è da vivere con consapevolezza e con grande attenzione al nostro mondo interiore. Anche se il rapporto con nostra madre non è dei migliori o non l’abbiamo mai conosciuta, questo è il momento di spogliarla di ogni giudizio e critica e di vederla per quello che è davvero: la figura simbolo della celebrazione della vita! Senza di lei noi non potremmo essere qui.
La giornata dedicata a lei è un’occasione per esserle grati di questo suo dono. In questa ricorrenza basta un gesto, semplice e autentico, per mostrarle la nostra gratitudine. Può essere un fiore deposto sulla sua tomba, una lettera, una visita, una parola in più, un pensiero d’amore rivolto a lei. Non serve molto per dimostrare la nostra gratitudine che, se vogliamo, può andare oltre qualsiasi litigio, rancore, assenza.
Da dove sono venuto? Dove mi hai trovato?
Domandò il bambino a sua madre.
Ed ella pianse e rise allo stesso tempo e stringendolo al petto gli rispose:
tu eri nascosto nel mio cuore bambino mio,
tu eri il Suo desiderio.
Tu eri nelle bambole della mia infanzia,
in tutte le mie speranze,
in tutti i miei amori, nella mia vita,
nella vita di mia madre,
tu hai vissuto.
Lo Spirito immortale che presiede nella nostra casa
ti ha cullato nel Suo seno in ogni tempo,
e mentre contemplo il tuo viso, l’onda del mistero mi sommerge
perché tu che appartieni a tutti,
tu mi sei stato donato.
E per paura che tu fugga via
ti tengo stretto nel mio cuore.
Quale magia ha dunque affidato il tesoro
del mondo nelle mie esili braccia?
Rabindranath Tagore
Le poesie da leggere e da regalare per la Festa della Mamma
Quello con nostra madre è uno dei rapporti più meravigliosi e faticosi di tutti: come potrebbe non esserlo? Siamo stati concretamente parti di lei e, una volta nel mondo, ci siamo separati. La nostra relazione è una continua ricerca di equilibrio tra i confini, nostri e suoi.
Spesso non riusciamo ad affidarci alle parole o ai gesti per farle comprendere che, anche se il nostro legame non è più simbiotico come quando eravamo dentro di lei, il nostro affetto è grande pur essendo lontani, separati, distinti. In questi casi ci vengono in aiuto le poesie dei poeti più famosi che sono riusciti a tradurre questo nostro amore in parole. Vi doniamo, quindi, 6 poesie tra le più profonde sul legame madre-figlio: potete solamente leggerle in solitaria durante la Festa della Mamma, in modo da far giungere il vostro intento anche a chi non c’è più o a chi è lontano o, ancora, a chi in questo momento è in conflitto con voi. Oppure potete trascriverla a mano e poi donarla. Questo piccolo ma semplice rito può divenire potentissimo, se vissuto con apertura del cuore e della mente e mosso dal più puro intento d’amore.
La madre
(Edmondo De Amicis)
Vi è un nome soave in tutte le
lingue, venerato fra tutte le genti.
Il primo a che suona sul labbro
del bambino con lo svegliarsi
della coscienza, l’ultimo che mormora
il giovinetto in faccia alla morte;
un nome che l’uomo maturo e il vecchio
invocano ancora, con tenerezza
di fanciulli, nelle ore solenni della vita,
anche molti anni dopo che non è più
sulla terra chi lo portava; un nome
che pare abbia in sé una virtù misteriosa
di ricondurre al bene, di consolare e
di proteggere. Un nome con cui si dice
quanto c’è di più dolce, di più forte,
di più sacro all’anima umana.
La madre.
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Grazie mamma
(Judith Bond)
Grazie mamma
perché mi hai dato
la tenerezza delle tue carezze,
il bacio della buona notte,
il tuo sorriso premuroso,
la dolce tua mano che mi dà sicurezza.
Hai asciugato in segreto le mie lacrime,
hai incoraggiato i miei passi,
hai corretto i miei errori,
hai protetto il mio cammino,
hai educato il mio spirito,
con saggezza e con amore
mi hai introdotto alla vita.
E mentre vegliavi con cura su di me
trovavi il tempo
per i mille lavori di casa.
Tu non hai mai pensato
di chiedere un grazie.
Grazie mamma.
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Mia madre
(Giuseppe Garibaldi)
Nelle circostanze più terribili
della mia vita, quando l’oceano ruggiva sotto
la carena, contro i fianchi della mia nave,
sollevata come un sughero; quando le palle
fischiavano alle mie orecchie e piovevano a
me d’intorno fitte come la gragnola, io vedevo
sempre mia madre inginocchiata, immersa e
nella preghiera, ai piedi dell’Altissimo.
Ed in me, quello che trasfondeva quel coraggio,
di cui anch’io rimanevo stupito, era la convinzione
che non poteva cogliermi alcuna disgrazia,
mentre una così santa donna,
un tale angelo pregava per me.
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Tra le tue braccia
(Alda Merini)
C’è un posto nel mondo
dove il cuore batte forte,
e rimani senza fiato
per quanta emozione provi;
dove il tempo si ferma
e non hai più l’età;
quel posto è tra le tue braccia
in cui non invecchia il cuore,
mentre la mente non smette mai di sognare.
Da lì fuggir non potrò
poichè la fantasia d’incanto risente
il nostro calore e non permetterò mai
ch’io possa rinunciare
a chi d’amor mi sa far volare.
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Canto XXXIII – Paradiso – Divina Commedia
(Dante Alighieri)
Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti si’, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si riaccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’eterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridiana face
di caritate, e giuso, intra mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre
sua disianza vuol volar senz’ali.
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La ciocca bianca
(Ada Negri)
De’ tuoi bianchi capelli, sì leggeri
alla carezza e pur sì folti, in uno
scrigno una ciocca serbo. Erano i miei
scuri come la notte, allor che al capo
tuo la recisi. Ed oggi, te cercando
in quella ciocca, sola cosa viva
che di te mi rimanga, io mi domando
se recisa non l’ho dalle mie tempie.
E se mi guardo entro lo specchio, e in esso
mi smarrisco, non me, ma te ravviso,
o Madre: tua questa marmorea fronte
piena di tempo, e immersa in una luce
ch’è già ormai d’altra terra e d’altro cielo.