Il 25 maggio arriva su Prime Video Veleno. La docuserie true-crime racconta la storia della presunta setta che, negli Anni ‘90, avrebbe compiuto riti satanici con abusi sessuali e omicidi di bambini nel Nord Italia.
Il 25 maggio arriva su Prime Video Veleno. La docuserie true-crime racconta la storia della presunta setta che, negli Anni ‘90, avrebbe compiuto riti satanici con abusi sessuali e omicidi di bambini nel Nord Italia.Se non fosse successa davvero, la storia dei Diavoli della Bassa modenese potrebbe sembrare la sceneggiatura di una serie crime, ambientata in una provincia desolante, fatta di paesaggi uno uguale all’altro. Tipo True Detective, season one. Gnocco fritto al posto della jambalaya, il Panaro invece dei bayou. E poi la nebbia, fitta come il mistero che avvolge la storia dei Diavoli della Bassa modenese, presunta setta di pedofili satanisti che, tra il 1997 e il 1998, avrebbe organizzato riti satanici nei quali sarebbero stati molestati e assassinati bambini. Proviamo a raccontarla, in vista dell’uscita di Veleno, docuserie in cinque episodi disponibile su Prime Video dal 25 maggio.
Breve ma importante precisazione. La storia dei Diavoli della Bassa modenese è successa davvero, nel senso che ci sono state accuse, indagini e procedimenti penali. Con 16 bambini tolti alle loro famiglie, smembrate sulla base di racconti confusi e contraddittori, mentre la giustizia ha accertato che non ci furono né riti satanici, né tantomeno omicidi. Ma facciamo un bel passo indietro. Tutto inizia quando su una famiglia disagiata di Massa Finalese, i Galliera, già seguita dai servizi sociali, ricadono sospetti di abusi su minori. Il figlio più piccolo, “Dario”, da tempo vive con un'altra famiglia e solo ogni tanto torna a casa: dopo uno di questi periodi, inizia a raccontare episodi strani, “scherzi sotto le lenzuola” che allarmano la madre affidataria, la quale si rivolge subito alla psicologa Valeria Donati. Via via, i racconti di Dario si fanno sempre più scabrosi, arrivando a coinvolgere tutta la famiglia originaria: il 17 maggio 1997 vengono arrestati con l'accusa di pedofilia il padre e il fratello.
Con il passare dei mesi, il bambino implica nei racconti sempre più persone e bambini, abusati dentro e fuori l’abitazione dei Galliera. Ci sono fotografie di violenza sadomaso, filmini pedopornografici e soldi, un gran bel giro di soldi. Così dicono. A luglio del 1997, la magistratura rinvia a giudizio sette persone. I Diavoli della Bassa modenese, così li ribattezza la stampa. Tra loro, tre membri della famiglia Galliera e Francesca Ederoclite, madre di una bambina di otto anni (subito allontanata): si suiciderà il 28 settembre 1997, prima del processo. Che, noto come “Pedofili-1”, porta alla condanna dei sei imputati, per un totale di 56 anni di carcere. Un paio di settimane dopo la sentenza, Alfredo Bergamini, uno dei presunti colpevoli, viene trovato senza vita a casa sua, stroncato da un arresto cardiaco.
Durante il primo processo, l'inchiesta si estende a seguito delle rivelazioni fatte dai bambini alle assistenti sociali, con particolari sempre più raccapriccianti (e inverosimili) riguardanti riti satanici nei quali sarebbero stati molestati e assassinati bambini, talvolta decapitati. Ci sono anche racconti di messe nere e orge nei cimiteri, con il benestare di genitori compiacenti o incapaci di sorvegliare i propri figli, prelevati di notte da una banda di pedofili. Le condanne arrivano, sebbene non ci siano prove che confermino i racconti, e i bambini interrogati vengono tolti alle famiglie. Le indagini non si fermano, arrivando fino al capo della setta. Stando a “Dario”, l’uomo che officia i macabri riti è un certo “Giorgio”, vestito con una “tunica”, indicato come un “medico” o un “sindaco”, che gli inquirenti identificano in don Giorgio Govoni, parroco di San Biagio (frazione di San Felice sul Panaro) e Staggia (San Prospero). Con altre 15 persone, finisce sul banco degli imputati nel processo “Pedofili-2” che inizia ad aprile 1999. In canonica non è stato trovato materiale pedopornografico e non è stato rinvenuto in generale, tantomeno un cadavere a corroborare le accuse. Bastano però i racconti dei bambini per una condanna complessiva a 157 anni di carcere, che arriva il 5 giugno 2000. Non per don Giorgio (“Satana vestito da prete” che “passava da una parrocchia all' altra, con il suo camion, a caricare i bambini per portarli nei cimiteri”), che muore il 19 maggio colpito da infarto nello studio del suo avvocato.
Pur senza prove, la macchina dei processi non si ferma. Con “Pedofili-ter” è la volta dei coniugi Covezzi, prima accusati solo di scarsa vigilanza sui propri figli e in seguito di pedofilia e abusi sessuali. Sono i loro bambini a raccontare come i genitori fossero in combutta con don Giorgio, dal procacciamento di vittime appartenenti alle famiglie povere della zona, fino all’organizzazione di riti orgiastici e macabri nei cimiteri. I Covezzi sono condannati in primo grado a 12 anni. Una delle loro figlie, nel frattempo, svela di aver subito abusi dagli zii e dal nonno: i tre finiscono a processo nel “Pedofili-quater”, ma vengono assolti.
Assolti, come alla fine vengono assolti in appello Delfino Covezzi e la moglie Maria Lorena Morselli. E come sono sollevati dalle accuse di riti satanici nei cimiteri tutti gli altri, per mancanza di prove. Solo per alcuni imputati vengono confermate le condanne relative agli abusi domestici. Nessun cadavere di bambino, nessuna foto, nessun filmino. Niente di niente. Anni e anni di riti orgiastici consumati nei cimiteri, ragazzini abusati e in alcuni casi sgozzati, gettati nel Panaro dal prete. Mai, però, una denuncia di scomparsa. Tutto inventato. La sentenza confermata nel 2002 in Cassazione smonta la pista satanista, parlando esplicitamente di "falso ricordo collettivo". È stata tutta una fantasia, indotta attraverso la tecnica del cosiddetto "svelamento progressivo”: chi conduce il colloquio “suggerisce” le risposte all’interrogato, che si convince di aver vissuto certe esperienze. Ma ormai è troppo tardi. 16 bambini sono stati tolti alle famiglie e non ci torneranno più, neanche nei casi di assoluzione. Un’accusata si è uccisa, due sono morti di crepacuore.
Vite spezzate, famiglie divise per davvero: sono bastati racconti poco credibili e senza alcun riscontro: nel 2018, una delle (presunte) vittime ammette di essersi inventata gli abusi quando aveva otto anni, manipolata e convinta a raccontare cose non vere. Ad aprile 2019, poi, è accolta una prima istanza di revisione del processo per Federico Scotta, condannato a 11 anni (già scontati), che solo alla fine del 2020 ha potuto rivedere suo figlio Nik, ma non ancora Elena e Stella. Una storia incredibile quella dei Diavoli della Bassa modenese, che è successa davvero. Sparita dalle cronache, è stata riportata all’attenzione prima dal podcast Veleno (2017) di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli, pubblicato da Repubblica, poi dal libro Veleno. Una storia vera, scritto dallo stesso Trincia. Adesso la docuserie: ancora Veleno.