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Il batik è una tecnica decorativa di tessuti e altri oggetti (come ad esempio i vasi) praticata coprendo tutte le parti che non si vogliono tingere con cera o altri materiali impermeabilizzanti. Di solito è proprio la stoffa leggera il materiale prediletto di questa tecnica: si usano per lo più seta, cotone e lino, cioè stoffe tessute con un filato sottile e regolare che consente una realizzazione precisa del disegno.

Attualmente si tende ad usare in prevalenza la cera perché penetra bene nel tessuto, asciuga in fretta e si rimuove facilmente ma in passato si usavano anche l'argilla, l'amido, la resina e le paste vegetali.

Non si sa di preciso quando questa tecnica sia stata inventata ma si sa comunque che era praticata in Cina durante la dinastia T'ang (618-907) e in Giappone nel periodo Nara (645-794).

Il termine batik deriva dalle parole indonesiane “amba” che vuol dire “scrivere” e “titik” che significa “punto, goccia”: si allude alla tecnica di scrivere con le gocce di cera sciolta. Dopo aver preparato il disegno si versa la cera sciolta sulle parti del tessuto che non si vogliono colorare: questa, penetrando tra le fibre, le impermeabilizza impedendo alla tinta di attaccarsi.

Per stendere la cera si usa lo tjanting, un attrezzo che consiste in un piccolo serbatoio metallico munito di manico per impugnarlo e di un beccuccio da cui esce la cera. Volendo si possono però anche usare pennelli, stampi in metallo o stecchi di legno, a seconda del risultato decorativo che si vuole ottenere.

Quando la cera è completamente asciutta si passa alla tintura, immergendo la stoffa in un catino con la tinta, quindi lo si risciacqua e lo si asciuga. Infine si procede ad asportare la cera aiutandosi con della carta assorbente.

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