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Intervista a Ilaria Cucchi: «Tra poco riuscirò a dire addio a Stefano»

Dieci anni di bugie e depistaggi le hanno impedito di elaborare il lutto per la morte. Dopo il racconto del pestaggio da parte di un carabiniere, la verità sulla morte del fratello è sempre più vicina: «Un grande risultato. Vogliamo verità e giustizia, non vendetta». 

Dieci anni di bugie e depistaggi le hanno impedito di elaborare il lutto per la morte. Dopo il racconto del pestaggio da parte di un carabiniere, la verità sulla morte del fratello è sempre più vicina: «Un grande risultato. Vogliamo verità e giustizia, non vendetta». 

C’è una verità giudiziaria nella vicenda che ha portato alla morte di Stefano Cucchi. Il 4 aprile la Corte di Cassazione ha infatti condannato in via definitiva i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro per omicidio pretereintenzionale, per aver picchiato a morte Stefano, geometra romano di 31 anni.
Una verità passata attraverso anni di depistaggi, sentenze inaccettabili, falsità (tutt’ora oggetto di processo). Anni in cui Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, e la sua famiglia non hanno mai smesso di chiedere e pretendere giustizia. Nel 2019, dopo che ormai le rivelazioni di un testimone chiave avevano segnato un punto di svolta nel processo, DeAbyDay intervistò Ilaria Cucchi. Riproponiamo quest’intervista all’indomani della sentenza della Cassazione, quando quella richiesta di giustizia ha finalmente avuto ragione.

Ci sono voluti quasi dieci anni prima che in un’aula di tribunale arrivasse un barlume di verità sulla morte di Stefano Cucchi. Durante un’udienza del processo bis il carabiniere Francesco Tedesco, imputato per omicidio preterintenzionale, ha ricostruito i fatti avvenuti nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, accusando i colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro di aver brutalmente pestato Stefano, morto in seguito a causa delle gravi lesioni. «Finalmente abbiamo ascoltato la verità, che per noi era stata chiara fin da subito, da quando lo abbiamo visto morto sul tavolo dell’obitorio», dichiara a DeAbyDay Ilaria Cucchi, la sorella che abbiamo imparato a conoscere (e sostenere) in tutti questi anni: «I miei genitori hanno sentito raccontare la morte di loro figlio: in aula mi sono voltata per cercare i loro sguardi: noi ci siamo sempre stati».

Francesco Tedesco ha chiesto scusa per non aver parlato prima. C’è qualcosa che gli vorrebbe dire?

«Così come il superteste Riccardo Casamassima si tratta di una persona che nell’omicidio di Stefano non ha avuto alcun ruolo, però apprezzo il suo coraggio. Tanti altri carabinieri che ho visto sfilare in aula, per paura di perdere il posto di lavoro, non facevano invece altro che balbettare o dire “non ricordo”».

nella foto Francesco Tedesco. Credit Vincenzo Livieri - LaPresse

Com’è stato possibile che solo adesso stia venendo fuori la verità?

«La verità è stata negata fin dall’inizio tramite depistaggi, che spero siano presto oggetto di un processo ter. Paolo Arbarello, consulente nominato dalla procura di Roma che, senza nemmeno studiarsi le carte, disse che la morte di Stefano era un “caso di colpa medica”. Un perito ha dichiarato che a mio fratello avrebbero messo il catetere per comodità, altri ancora che si sarebbe procurato quelle lesioni con una caduta… La verità è un’altra».

Quale?

«Negli stessi giorni della morte di Stefano si verificò lo scandalo-Marrazzo e si ritenne che l’arma dei Carabinieri non potesse contemporaneamente permettersi due scandali. Quindi furono messi in piedi depistaggi e false notizie. Nessuno di noi sa come andrà a finire ma almeno abbiamo ottenuto un grande risultato».

Ha già pensato a come si sentirà e a cosa farà dopo che tutto questo sarà finito?

«Sì, finalmente potrò salutare Stefano. Non gli ancora detto addio, non ho elaborato il lutto: è una doppia violenza imposta dallo Stato quando diventa tuo nemico. Poi riprenderò la mia vita. C’è chi mi ha chiesto se volessi entrare in politica... Ma io faccio già politica, però come come piace a me, sul campo, portando avanti il nome di mio fratello: tramite lui abbiamo la possibilità di raccontare tante altre storie che altrimenti finirebbero nel dimenticatoio».

Dopo la deposizione di Tedesco, il premier Conte ha detto che il ministero della Difesa è favorevole a costituirsi parte civile nel processo per la morte di Stefano Cucchi.

«Sarebbe un gesto apprezzato dal punto di vista umano e un segnale importante per i cittadini. Ce ne sono tanti che si rivedono nella nostra famiglia, così per bene che dopo la morte di Stefano portò in procura la droga trovata in casa».

C’è qualcosa che vorrebbe dire invece a Matteo Salvini?

«Che gli devo dire? Non fa che ripetere da anni le stesse cose, senza nemmeno preoccuparsi di contestualizzare le sue parole. Un intervento come quello di ieri (“Chi sbaglia paga ma sto dalla parte delle Forze dell’Ordine”, ndr) non c’entrava niente né con quello che era successo né con ciò che ho detto io in tutti questi anni. Io non sono contro la polizia: lo hanno capito tutti tranne lui. Ho fiducia nella Forza dell’Ordine e spero di non perderla mai»

Foto: LaPresse

Prima ha accennato alla sua famiglia. I suoi figli, che avevano uno e sei anni nel 2009, cosa sanno dello zio?

«Tutto. Sarebbe stato inutile nascondere qualcosa. Ho anche spiegato loro il motivo per cui Stefano era finito nei guai. Era importante che capissero il motivo per cui si sono dovuti privare della madre: ero moglie e mamma a tempo pieno, mentre ora sono una persona diversa. Devono capire che il sacrificio che gli sto chiedendo è soprattutto per loro».

Le hanno già chiesto se perdonerà chi ha causato la morte di Stefano. Ma, in fondo, una sorella perché dovrebbe perdonare gli assassini del fratello?

«Il perdono è una cosa intima e personale, di cui preferisco non parlare. Ci sono delle fasi nella vita, forse per me arriverà anche quella del perdono. Posso però dire che non sono mai stata animata da spirito di vendetta, ma solo dal desiderio che venisse riconosciuta la verità in un’aula di giustizia, perché fuori, invece, era già stata riconosciuta da tempo. È questo l’unico modo per dare dignità a Stefano e a tanti altri che hanno subito lo stesso destino».

C’è qualcosa che sente di dire alle loro famiglie?

«Che se sanno di essere nel giusto non devono mai smettere di crederci e di combattere, scontrandosi con giustizia ed istituzioni. Sempre con rispetto, anche quando vengono trattate male».

Foto apertura: LaPresse