Fedez si è colorato i capelli con tutti i colori del mondo e le unghie anche, si è tatuato fin sopra il collo, gioca con suo figlio come un bambino, fa scherzi a sua moglie e insieme sono ricchi da fare schifo, ma sono una farfalla rara e Lui come padre è da prendere a modello.
Fedez si è colorato i capelli con tutti i colori del mondo e le unghie anche, si è tatuato fin sopra il collo, gioca con suo figlio come un bambino, fa scherzi a sua moglie e insieme sono ricchi da fare schifo, ma sono una farfalla rara e Lui come padre è da prendere a modello.Siamo stati educati a studiare le rivoluzioni sui libri di scuola, a vivere il presente con fare transitorio, come se non fosse il palcoscenico della storia, e siamo portati ad aderire agli stereotipi sociali.
Tutto ciò nega a ciascuno di noi quel ruolo chiave di parte attiva nel procedere della cultura: noi siamo il cambiamento e possiamo determinare un nuovo tempo e un nuovo spirito, dovremmo solo assumerne consapevolezza.
Fino a pochi anni fa, nessuno avrebbe mai scommesso sull’istinto materno dei papà! Nessuno l’avrebbe mai detto eppure i padri che hanno cambiato i pannolini, quelli che si sono svegliati di notte per dare la poppata, quelli che hanno lasciato le donne libere di lavorare hanno concorso a cambiare i tempi, i profumi del domani, la cultura e le idee del mondo. Solo nella prima metà del ‘900 (che volendo è appena l’altroieri della storia) Maria Montessori parlava di una nuova donna (di cui, peraltro, Lei stessa incarnava gli intenti) e diceva:
“La donna nuova, come la farfalla che esce dalla crisalide, si libererà da tutti quegli attributi che una volta la resero desiderabile per l’uomo solo come fonte di benedizioni materiali dell’esistenza”.
Oggi, questo bisogno di liberazione è ancora vivo e appartiene più che mai alla famiglia. Volendo mutuare il passo della pedagogista, potremmo dire che “La famiglia nuova, come una farfalla che nasce, si emancipa da tutti quegli stereotipi che una volta la resero desiderabile per l’uomo solo come fonte di benedizioni materiali dell’esistenza”.
Credete che non esistano più i padri padroni?
Credete che siano estinti i loro verbi?
Credete che concetti come condivisione, equità e collaborazione siano acquisiti per tutti e ovunque?
Comandare, decidere, lavorare - solo fuori casa ovviamente - ma anche tradire, maltrattare, mortificare o limitare - nei casi più fortunati - sono declinazioni della cultura maschilista.
E non è superata, quantomeno non dappertutto.
Ne restano retaggi ancora negli ambienti lavorativi, moltissime le donne in carriera che devono dimostrare di essere più intelligenti del collega uomo per conquistare spazio professionale o, peggio, che, a parità di lavoro, vengono pagate meno dei maschi. Senza considerare le tante lavoratrici costrette a subire domande impensabili dinanzi a un membro maschile della comunità-lavoro: “Intendi avere figli?” o “Pensi di fare altri figli?”.
L’ombra maschilista si insinua nei rapporti affettivi uomo-donna, ma è particolarmente penetrante nell’educazione dei figli: intere generazioni sono state “rimbambite” dallo stereotipo dell’uomo che non piange mai, da quello del bambino che non gioca con le bambole o dal pregiudizio del padre che non cambia i pannolini e che di notte ha il diritto di dormire perché al mattino deve lavorare.
Ci sono ancora lunghe e dure battaglie da combattere. Come donne e come mamme dobbiamo esserne consapevoli acquistando, altresì, la contezza di essere noi stesse parte attiva di queste battaglie: possiamo abbattere gli stereotipi con l’educazione dei nostri figli e con l’aiuto dei nostri mariti e compagni.
Ciò posto, è innegabili che vi sia un crescente bisogno di nuovi e buoni esempi.
La nuova famiglia merita di uscire dal bozzolo e espandersi, serve una nuova specie di farfalle che volando felici e leggiadre si facciano notare da tutti.
In barba a chi prova invidia e rosica per la gelosia, in barba a chi non coglie l’importanza e il peso della nuova comunicazione social, in barba a chi archivia la pratica con un laconico “sono ricchi e possono tutto”, c’è una farfalla nuova che vola ben visibile: i Ferragnez.
Fedez, il rapper italiano Federico Leonardo Lucia, classe 1989 (31 anni) è un brillante e intraprendente esempio di papà moderno e la sua famiglia è una farfalla di nuova razza al cui volo tutti dovremmo guardare, possibilmente senza invidia né falso perbenismo.
Papà d’Italia prendete esempio da Fedez!
Si abbassa al livello di suo figlio guardando il mondo da quella prospettiva bambina che rende la vita dei cuccioli d’uomo un percorso emozionale, prima ancora che fattuale.
Lo abbiamo visto giocare come un bambino! E ciò non perché non sia un uomo cresciuto, ma perché è un ottimo papà che non ha paura di un rapporto paritetico, emotivamente coinvolgente, sensibile e empatico.
Ha pianto cullando Vittoria minuscola a poche ore dal parto e ha avuto il coraggio di lasciare che quelle lacrime venissero condivise sui social. Le ha liberate come lo specchio di un sentimento umano non circoscrivibile a nessun genere. C’è un papà famoso sì coraggioso da piangere, vivaddìo! Le lacrime non sono né maschio né femmina, esse sono unicamente amore.
Fa scherzi alla mamma dei suoi figli; si è colorato i capelli e le unghie; si è vestito come suo figlio nascondendo un indizio del nome della bimba nel disegno delle camicie; ha detto di Leo: “Ha il diritto di esprimersi come meglio crede” precisando che non desta in lui turbamento il fatto che giochi con le bambole e non sarebbe turbato se un giorno volesse truccarsi o mettersi una gonna, tutto questo fa di Fedez un padre libero.
Perché i Ferragnez sono spesso biasimati?
Perché raramente viene loro riconosciuto il ruolo di farfalla che invece assolvono in una silenziosa rivoluzione dei costumi che meriterebbe più voci e più spazi?
Prima della pandemia la ricchezza faceva meno rabbia, tutti noi avevamo spazi di vita in cui coltivavamo personali ricchezze, sebbene non economiche (amicizia, piccoli viaggi, serate fuori, sport), la perdita di questi canali espressivi (o valvole di sfogo, che dir si voglia) ha acuito le frustrazioni.
I Ferragnez sono ricchi da fare schifo ma non è colpa loro, piuttosto ne hanno il merito. Hanno costruito su loro stessi la fortuna economica che li vede protagonisti: Chiara e Fedez sono il loro brand e questo implica un’attenzione sulla loro vita che negli anni si è fatta totalizzante.
Per parte mia ho sempre biasimato l’esposizione dei figli sul web, ma quella dei Ferragnez non è la strumentalizzazione delle piccole mamme blogger. Queste ultime, in cambio del volto del loro bambino, possono al massimo guadagnare un pacco di pannolini o una confezione di omogeneizzato in scambio prodotto-visibilità.
Paradossalmente l’esposizione di Leo e Vittoria, invece, ha un valore protettivo che, purtroppo, è facilmente non compreso e travisato. Bambini come i figli dei Ferragnez sarebbero oggetto di un morboso interesse dei follower. Così, se la loro immagine pubblica non fosse soddisfatta e gestita dai genitori, molto probabilmente i paparazzi farebbero di tutto per carpirne le foto, facilmente finirebbero catturati dai telefonini di chiunque e condivisi in rete in ogni modo possibile.
Per personaggi pubblici come Fedez e Chiara decidere di raccontare la famiglia è una scelta di sistema. Le loro condivisioni evitano soprattutto la pressione mediatica, la ricerca dei volti, delle immagini e dei momenti di quella vita che è parte integrante del personaggio e del brand. Senza contare che i Ferragnez non hanno venduto l’esclusiva delle nascite a nessuna testata giornalistica: le foto dei loro bambini sono veicolate online attraverso i profili social, il guadagno che ne ricavano non ha, quindi, una traduzione contrattuale.
Il problema è di diversa natura e ha una ricaduta socio-culturale: qualunque mamma aspirante influencer pensa che imitare Chiara Ferragni equivalga anche a mostrare i suoi figli. Bisognerebbe, in merito, osservare una fondante differenza: i figli dei Ferragnez restano personaggi pubblici per nascita e sono “condannati” a una esposizione mediatica che comunque avverrebbe; i figli di noi mamme blogger e piccole influencer no, non sono naturalmente esposti a tutto questo!
Noi abbiamo la possibilità di scegliere, ovvero possiamo lasciarli nel loro privato dove nessun paparazzo o curioso andrà mai a violarli o disturbarli. Ed ecco che la rivoluzione delle famiglie, della paternità e della maternità è chiamata a misurarsi anche con nuove realtà: nella sostanza la società dentro di sé deve sperimentare ancora moltissimi cambiamenti, fuori, però, combatte e subisce tutt’ora un difetto funzionale chiamato apparenza.
Fedez è un padre che va guardato oltre le apparenze e nella sua sostanza ci insegna a non soffermarci alla scorza, il nettare del frutto sta oltre essa.