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Serial Killer: Jeffrey Dahmer, la storia del Cannibale di Milwaukee

Diciassette vittime accertate, uccise tra il 1978 e il 1991. Tutti giovani uomini, di cui poi mangiava in parte i  corpi. La sua figura è al centro di una serie Netflix. 

Diciassette vittime accertate, uccise tra il 1978 e il 1991. Tutti giovani uomini, di cui poi mangiava in parte i  corpi. La sua figura è al centro di una serie Netflix. 

Agli amanti del macabro e del true crime non serviva certo una (pregevole) serie di Netflix per scoprire la raccapricciante figura di Jeffrey Dahmer, passato alla storia come "Il Cannibale di Milwaukee". Responsabile di 17 omicidi compiuti tra il 1978 e il 1991, limitandosi a quelli accertati, Dahmer non si limitava a uccidere le sue vittime, che adescava nella comunità omosessuale, fingendosi fotografo in cerca di modelli: tra necrofilia, squartamenti e appunto cannibalismo non si è fatto mancare niente. Ecco la sua storia. 

Chi era Jeffrey Dahmer

Jeffrey Lionel Dahmer nasce a West Allis, nel Wisconsin, il 21 maggio 1960. Ecco come un ragazzino con passioni macabre è diventato uno dei serial killer più efferati di sempre.  

L’infanzia difficile

Da bambino Dahmer si distingue per il carattere chiuso e apatico: certo non aiutano la lontananza del padre a causa dei continui impegni accademici (è un chimico) e la grave forma di depressione che affligge la madre.

La stranezza del piccolo Jeffrey non si limita alla silenziosità: colleziona infatti resti di animali morti, che seppellisce nel bosco situato dietro l'abitazione dei genitori a Bath Township, in Ohio, dove la famiglia si è trasferita. Da bambino apprende inoltre dal padre, che asseconda la curiosità del figlio, come conservare sotto formaldeide i resti degli animali morti. Nel 1975 decapita la carcassa di un cane investito da un'auto, per poi inchiodarne il corpo a un albero e impalarne il teschio su un bastone, nel bosco dietro casa sua.

L’omosessualità e l’ossessione per la morte

Sempre durante l’adolescenza, Dahmer capisce di essere omosessuale. E non solo: scopre che il suo desiderio ruota attorno a fantasie di dominazione e, addirittura, di dissezione di altri maschi. 

L’alcol

A partire dai 16 anni, Dahmer inizia a consumare regolarmente grandi quantità di alcolici, sviluppando una dipendenza: proprio a causa di questo abuso sarà dimesso dall’esercito statunitense, per il quale servirà a Baumholder, nella Germania Ovest.

Il primo omicidio

Dahmer uccide per la prima volta il 18 giugno 1978, subito dopo il divorzio dei genitori. La vittima è l’autostoppista 19enne Steve Hicks: Dahmer lo invita a casa e, dopo un rapporto sessuale, prima lo colpisce con un manubrio da palestra e poi lo soffoca. Successivamente si mette a cavalcioni sul cadavere, per poi masturbarsi, prima di smembrare il corpo del malcapitato. Scioglie nell’acido alcune parti, nascondendone altre in sacchi che seppellisce nel bosco dietro casa. Successivamente, si arruola nell’esercito. Dopo il congedo (dovuto ai problemi con l’alcol), lavora per qualche tempo come flebotomo a Milwaukee: durante questo periodo, continua a coltivare le proprie macabre passioni, sciogliendo nell'acido scoiattoli morti e custodendo manichini rubati nell'armadio.

Anni di pausa, poi altre vittime e l’arresto

Dahmer torna a uccidere, almeno secondo quanto emergerà dalle indagini, solo nella seconda metà degli Anni Ottanta. Il 20 settembre 1987 a morire è Steven Tuomi, 25enne incontrato in un gay bar. Lo uccide in una stanza dell'Ambassador Hotel di Milwaukee, poi chiude il cadavere in una valigia e lo porta nella cantina della casa di sua nonna: qui si dedica a atti di necrofilia. Poi smembra il corpo e lo getta tra i rifiuti. Sette mesi più tardi uccide il 14enne Jamie Doxtator, mentre il 24 marzo 1988 è la volta di del 22enne Richard Guerrero, incontrati entrambi in locali gay della città: compie entrambi gli omicidi nella cantina della casa di sua nonna, dove abita in quel periodo. Poco dopo l’episodio che avrebbe potuto fermare la lunga striscia di sangue: Somsak Sinthasomphone, fuggito da un tentativo di aggressione, denuncia Dahmer per violenza sessuale. In attesa del processo,  il Cannibale di Milwaukee droga, strangola e in seguito violenta Anthony Sears, anche lui incontrato in un locale gay. 

L’escalation: 12 omicidi in 13 mesi

Condannato a dieci mesi di ospedale psichiatrico, Dahmer si trasferisce da casa della nonna al 924 di North 25th Street, portando con sé la testa e i genitali mummificati della sua ultima vittima. E intensifica gli omicidi: tra giugno 1990 e luglio 1991 uccide altri 12 giovani. Tra essi il 14enne Konerak Sinthasomphone, fratello di quel Somsak che lo aveva denunciato anni prima: il ragazzo in un primo momento riesce a fuggire e a chiamare la polizia, che però crede alla versione di Dahmer di una lite tra amanti. Quando gli agenti se ne vanno, Dahmer uccide e cannibalizza la vittima.

Il modus operandi

Frequentatore abituale di bar e saune gay, Dahmer adesca le sue vittime in questi luoghi. Si tratta generalmente di giovani, che narcotizza prima di eventuali rapporti sessuali, e che poi uccide tramite strangolamento. Talvolta le vittime subiscono atti di necrofilia e, nella maggior parte dei casi, Dahmer ne squarta i corpi, conservandone poi le parti asportate in freezer (che poi mangia) oppure sciogliendole nell’acido. In alcuni casi pratica addirittura la lobotomia, provocando la morte delle persone adescate. 

La cattura

La lunga scia di sangue si interrompe il 22 luglio 1991, quando Tracy Edwards, seppur narcotizzato e ammanettato, riesce a fuggire dall'appartamento di Dahmer. Fermato da una pattuglia della polizia, convince gli agenti a effettuare una perquisizione all’interno dell’abitazione. In frigorifero, e non solo, i poliziotti trovano di tutto: dopo una breve colluttazione, Dahmer viene arrestato e portato in prigione.

Il processo

Il processo contro Dahmer inizia il 30 gennaio 1992 a Milwaukee. Nonostante le diagnosi di disturbo borderline della personalità, disordine schizotipico e psicotico, viene giudicato capace di intendere e di volere e per questo condannato alla pena dell'ergastolo per ogni omicidio commesso: 957 anni di prigione.

La morte

Subito dopo la condanna, Dahmer viene incarcerato nel Columbia Correctional Institute di Portage, dove il 3 luglio 1994 il detenuto Osvaldo Durruthy tenta di tagliargli la gola con un rasoio nascosto all'interno di uno spazzolino da denti. Tentativo fallito. Va invece a segno quello di Christopher Scarver, che il 28 novembre lo colpisce alla testa con l'asta di un manubrio trafugata dalla palestra del carcere. Il Cannibale di Milwaukee muore durante il trasporto in ospedale.

Jeffrey Dahmer Netflix

Jeffrey Dahmer tra cinema, musica e tv 

A causa dell'efferatezza dei suoi delitti, la figura di Jeffrey Dahmer è stata più volte oggetto di riferimenti o citazioni al cinema, in tv e nella musica. È del 2002 il film Dahmer - Il cannibale di Milwaukee, con Jeremy Renner nel ruolo del serial killer. Nel 2017 viene interpretato da Ross Lynch nel film My Friend Dahmer, tratto dall’omonima graphic-novel del fumettista John Backderf, durante l’adolescenza compagno di scuola del futuro assassino.

In versione cartone animato, Jeffrey Dahmer è stato protagonista anche di una puntata di South Park, insieme a Ted Bundy e John Wayne Gacy, altri due celebri serial killer americani. È invece del settembre 2022 la serie Netflix Monster: The Jeffrey Dahmer Story, prodotta da Ryan Murphy e con protagonista Evan Peters. Sempre Netflix nel 2022 dedica a Dahmer la docuserie Conversazioni con un killer: Il caso Dahmer.

Il Cannibale di Miwaukee è stato poi citato da numerosi cantanti e band, dagli Slayer (nella canzone 213), a Eminem (in Must be the ganja), fino a Katy Perry (in Dark Horse), Missy Elliott (Pass that Dutch) e Kesha (in Cannibal). Nel 2000 la band grindcore Macabre ha addirittura pubblicato il concept album Dahmer, incentrato proprio sulle vicende del serial killer.