Essere single è una scelta che comporta conseguenze importanti soprattutto sul portafogli: ecco come le città - e la nostra società in generale - non sono purtroppo fatti per la vita da soli.
Essere single è una scelta che comporta conseguenze importanti soprattutto sul portafogli: ecco come le città - e la nostra società in generale - non sono purtroppo fatti per la vita da soli.Non è un Paese per single. No, non si tratta del nuovo film dei fratelli Coen, ma della nuda e cruda realtà. Quella che viviamo quotidianamente, e non solo in Italia: essere single ha un costo maggiore rispetto a una vita in coppia. Oltre alle ondate di vergogna sociale che si abbattono su chi non ha un partner, i single devono affrontare un problema economico reale: quello di vivere - o sempre più spesso sopravvivere - in una società che sembra plasmata su misura per le coppie.
Vita da single: ma quanto mi costi?
In Italia ci sono più di 8 milioni di persone che vivono da sole. Non parliamo soltanto di giovani che hanno iniziato il loro (difficile) cammino verso l’emancipazione e l'indipendenza economica. Si tratta anche di persone vedove, divorziate o, più semplicemente, dei cosiddetti “single per scelta”.
Secondo uno studio comparativo realizzato da Moneyfarm, i single spendono ogni mese 571 euro in più rispetto a chi convive con il proprio partner. La spesa media mensile per chi abita da solo corrisponde a 1.796 euro, mentre una coppia arriva a spendere 2.451 euro - che diviso due fa 1.225 euro al mese.
Scendendo più nel dettaglio, un single spende:
- il 71% in più al mese per le spese legate all’abitazione e alle utenze (ovvero 338 euro in più);
- il 66% in più per i mobili e altri servizi per la casa;
- il 29% in più sui generi alimentari, ovvero 304 euro al mese di media contro i 236 euro di chi ha una relazione.
Essere in due è inoltre più conveniente anche quando si organizza un viaggio o si va a cena fuori.
L’insostenibile peso dell’essere single
Le città, in particolar modo quelle più grandi, sembrano essere state progettate per la vita in due: le case più piccole, infatti, quelle che interessano ai single, hanno un costo maggiore al metro quadro.
Per quanto riguarda le utenze, per esempio quelle legate alla cucina, cucinare per due o cucinare per una sola persona ha lo stesso costo, solo che, nel primo caso, si fa a metà. Nel secondo caso, anche se si riuscisse a risparmiare sul costo dell’affitto, condividendo una casa con altre persone, aumenterebbero comunque le utenze: è molto poco probabile che si scelga di mangiare tutti insieme, a meno che non si abbia la fortuna di vivere con amici - e, anche in quel caso, comunque, gli orari potrebbero non coincidere.
Sempre secondo un'indagine di Moneyfarm, chi sceglie di andare a convivere:
- a 25 anni, al compimento dei 50 anni avrà messo da parte 171.300 euro;
- a 35 anni, a 50 anni avrà risparmiato 102.780 euro;
- a 45 anni, 34.260 euro, che sono comunque un bel gruzzoletto.
La vita da single è lastricata di buone intenzioni
Il costo della vita da single influenza anche eventuali scelte legate alla convivenza. Spesso, soprattutto in città in cui il costo della vita è insostenibile, come Milano o Roma, si sceglie di andare a convivere non tanto perché ci si senta pronti ad affrontare le gioie e i dolori del condividere il tetto coniugale, ma per ragioni prettamente economiche.
Un giovane che ha appena iniziato a lavorare, quindi che ha un lavoro sottopagato e instabile e potrebbe sostenere il costo dell’affitto da single solo grazie al supporto iniziale dei suoi genitori, si piega ai dettami della vita di coppia più per necessità che non per reale desiderio o volontà.
Essere single, poi, ha anche un impatto diretto sul modo in cui si viene trattati sul posto di lavoro. Proprio perché non si ha una famiglia - che spesso è un’ipotesi da scartare unicamente per ragioni economiche - molti datori di lavoro tendono a pensare che il single possa tranquillamente trattenersi in ufficio al di fuori dell’orario di lavoro, specialmente se donna.
Così facendo, però, non fanno altro che alimentare l’idea che una donna non possa avere una vita che vada oltre il concetto di famiglia, come se il suo tempo libero fosse direttamente collegato al prendersi necessariamente cura di qualcun altro. E questo rappresenta una doppia (drammatica) discriminazione.
E se la regolarizzazione degli affitti e politiche sociali più interessate al benessere del singolo individuo fanno fatica a essere attuate, la parte ancor più difficile è dare spazio alla dignità e alla libertà di essere single. Perché stare da soli potrebbe anche non essere un momento di passaggio prima del lieto fine stereotipato con cui ci hanno fatti crescere, ma la scelta - felice, matura e consapevole - di ognuno di noi.
Foto di apertura: Immagine di wayhomestudio